Rispondendo ai recenti timori della Corte dei Conti, alcune regioni stanno già dotando di contenuti le centrali operative territoriali
Forse non tutte le 600 Centrali Operative Territoriali arriveranno in tempo per ospitare i server degli strumenti informatici di telemedicina. Ma, rispondendo ai recenti timori della Corte dei Conti, alcune regioni stanno già dotandole di contenuti. E in parallelo si stanno dotando di piani operativi per la Telemedicina. E i piani stanno definendo la collocazione delle postazioni da dove sarà possibile monitorare l’elettrocardiogramma di un paziente a casa o “televisitare” un malato allettato in una residenza per anziani. Non necessariamente in questi modelli le COT sono protagoniste, almeno in questa fase. Tra i progetti regionali presentati all’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) a primavera, quello dell’Emilia-Romagna non dice se avremo otto “hub” quante le Asl, o 45 server quante le Cot previste in regione, o 38, un server per distretto, o 204 quanti i nuclei di cure primarie. Parla invece di ben 20 mila postazioni, dei “terminali” distribuiti in questo modo: intanto, 5 mila nelle Case di comunità (che saranno circa 200, di cui 85 nuove e 120 case della salute esistenti). In quelle strutture, si troveranno sia negli ambulatori specialistici, sia in quelli infermieristici, di igiene, nei consultori che vi verranno istituiti e tra i mmg e pediatri ivi operativi. Altre 2.500 postazioni saranno esterne alle CdC, situate negli studi di medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. Cento postazioni saranno nelle strutture che ospiteranno le unità di continuità assistenziale appena istituite. Infine, altre cento saranno nelle Centrali Operative Territoriali. Mille, inoltre, saranno a disposizione dell’assistenza domiciliare integrata –ma attenzione, in Adi a fine 2025 si prevede di assistere fino a 12 mila pazienti emiliano-romagnoli – e 300 postazioni saranno assegnate alla rete delle cure palliative; altre 8 mila postazioni saranno sparse in ambulatori ospedalieri e poliambulatori. Le ultime 3 mila saranno assegnate ad “altre strutture territoriali” da definirsi.
Il progetto, coordinato e monitorato dalla Regione, è realizzato dalle Ausl. L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali-Agenas a marzo ha chiesto i fabbisogni alle 20 regioni e l’Emilia Romagna ha risposto tra le prime, corredando la richiesta di fondi con il modello organizzativo. Entro l’anno un decreto ministeriale ripartirà le risorse sulla base dei fabbisogni individuati e degli obiettivi espressi dai piani di telemedicina regionali. A inizio 2024 le regioni dovrebbero poter acquistare le attrezzature e i servizi si attiverebbero a primavera. L’Emilia Romagna però non parte da zero, dal 2021 c’è una Piattaforma regionale di Telemedicina (PRT) che a giugno 2022 ha concluso la fase sperimentale su pazienti cronici a rischio ricovero seguiti a casa da equipe multidisciplinari (infermieri e mmg) di 30 Case della salute. In prospettiva televisite, teleconsulti, teleconsulenze, teleassistenza e monitoraggi potrebbero coinvolgere fino a 1,2 milioni di persone, cioè tutti i residenti con almeno una patologia cronica. In regione, il 46% degli over 14 anni ha una malattia cronica, il 26% ne ha due. Al 1° gennaio 2021 la prevalenza tra gli over 65 era del 17,3% per il diabete, 7,6 per la bpco, del 5,4 per lo scompenso cardiaco, del 16,4 per le neoplasie, del 5,3 per la demenza.
Tra i modelli regionali di telemedicina che hanno ricevuto un primo ok dell’Agenas, c’è pure quello della Regione Umbria, proposto dall'assessore alla Salute Luca Coletto (già in Veneto e coordinatore degli assessori regionali) ed approvato dalla Giunta nell’ambito del Piano sanitario regionale 2022-26. Il piano passa per una maggiore integrazione tra ospedale e territorio e intende facilitare l'assistenza da remoto – specie per il paziente cronico– la continuità assistenziale e l’accesso alle cure con minori attese. “La Regione –si legge in una nota– intende delineare un modello organizzativo di alto livello di presa in carico globale del paziente cronico, attraverso i servizi di prossimità erogati dalle Case di comunità, con la collaborazione del terzo settore, degli enti locali e di tutto il sistema sanitario”.
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