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27 Ottobre 2023 “Farmacia clinica ospedaliera e territoriale: strumenti, metodi e risultati”. Questo il titolo dell’11° Congresso nazionale SIFaCT (Società italiana di farmacia clinica e terapia) che si è svolto dal 19 al 21 ottobre a Verona e che ha rappresentato un momento di scambio e riflessione
“Farmacia clinica ospedaliera e territoriale: strumenti, metodi e risultati”. Questo il titolo dell’11° Congresso nazionale SIFaCT (Società italiana di farmacia clinica e terapia) che si è svolto dal 19 al 21 ottobre a Verona e che ha rappresentato un momento di scambio e riflessione – fortemente voluto dal Consiglio direttivo uscente - per riconsiderare a 360° la figura attuale del farmacista clinico in Italia, ribadendo la ‘vision’ che, in continuità con il passato, ma soprattutto negli ultimi due anni, guida le attività della società scientifica: «promuovere il ruolo e la responsabilità del farmacista clinico nei team multidisciplinari, al fine di ottimizzare il processo di gestione diagnostico-terapeutico del paziente, con l'obiettivo di misurare gli esiti di cura, in ambito di prevenzione e di trattamento delle malattie. La nostra concezione della professione consiste cioè nell’essere a tutto tondo farmacisti del sistema sanitario nazionale, volti cioè a conciliare la parte gestionale dell’attività caratteristiche del farmacista ospedaliero con quella più squisitamente clinica rivolta ai pazienti, quindi in sintonia con i medici, gli infermieri e tutti gli operatori sanitari, con i quali condividere la responsabilità finale dell’assistenza al paziente» ha esordito all’apertura dei lavori Francesca Venturini, presidente SIFaCT in carica, UOC Farmacia, Azienda Ospedale-Università di Padova. «L'aspetto pragmatico di questa concezione è consistito nell'identificare eventi e progetti specifici nel campo dell'assistenza diretta al paziente, in una pratica multiprofessionale e specifica per i diversi ambiti terapeutici. L’ambizione di questo Congresso è dunque quella di analizzare le attività tipicamente svolte in ambiti specifici, sia in ospedale che nel territorio, per discutere e documentare l’effetto del lavoro del farmacista clinico nel percorso di cura e, ove possibile, nella valutazione degli esiti di questi interventi».
«Mutuando dalle definizioni della Escp (European society of clinical pharmacy), che sono condivise anche dalla nostra società, la farmacia clinica rappresenta sia una pratica professionale che un campo di ricerca, che mira a ottimizzare l’utilizzo delle terapie per raggiungere sia obiettivi di salute pubblica che una assistenza diretta alla persona» ha ricordato Giulia Dusi, presidente dell'11° Congresso SIFaCT, UOC Farmacia, ASST Garda, Desenzano del Garda (BS). «In Italia, le potenziali applicazioni della farmacia clinica sono più ampie che in altri paesi, poiché si devono sviluppare sia per i farmaci che per i dispositivi medici e anche, in alcuni casi, per i dispositivi diagnostici. Le conoscenze tecniche che informano la gestione del farmaco e dei dispositivi sono in linea con quelle di altri paesi europei, ma quello che è richiesto per la diffusione della pratica della farmacia clinica è la conoscenza del processo decisionale clinico specialistico e degli interventi di assistenza diretta al paziente. Sono passati decenni da quando il termine farmacista clinico è stato introdotto nel lessico delle farmacie ospedaliere e territoriali del Servizio sanitario nazionale (Ssn), e anche la formazione specialistica universitaria ne ha tenuto conto. Tuttavia, sono ancora poche le realtà nelle quali si esercita questa funzione, ma dove è stata realizzata, in modo più o meno strutturato, si è dimostrata l’utilità dell’intervento del farmacista specialista quando inserito nei team multidisciplinari e nel dare il proprio contributo diretto al paziente. È proprio da questi presupposti che il congresso di quest’anno prende ispirazione. Il titolo, infatti, chiama a discutere in questi tre giorni dei risultati raggiunti fino ad oggi, per cogliere le migliori esperienze e renderle modelli ai quali fare riferimento per un futuro dove la farmacia clinica possa essere applicata in modo omogeneo nel Ssn e riconosciuta come prestazione professionale». In questo quadro rientra anche la proposta avanzata dal comitato scientifico SIFaCT ai direttori delle Scuole di specializzazione in Farmacia ospedaliera di istituire il “Primo contest nazionale in Farmacia clinica”. «È una modalità, mutuata dall’ambito anglosassone, con cui dare risalto alle idee più innovative dei giovani» spiega Dusi. «Attraverso una sana competizione si discuterà sui passaggi necessari per implementare la farmacia clinica nel nostro Ssn, mettendo alla prova le competenze in Farmacia clinica degli specializzandi di tutta Italia, per i quali conoscenza e competenza sono le principali parole chiave».
Elisabetta Poluzzi, docente di Farmacologia all’Università di Bologna, si è soffermata sui bisogni formativi per il farmacista clinico, ribadendo innanzitutto il rapporto tra ricerca e pratica in farmacia clinica. «La ricerca genera conoscenza al fine di informare il ‘decision making’ terapeutico e la cura al paziente, da un lato e, dall’altro, genera conoscenza per informare le policy e l’organizzazione di assistenza sanitaria. A loro volta, queste due attività offrono alla pratica professionale, rispettivamente, contribuiti alla cura dei singoli pazienti e attività mirate ai provider e alle popolazioni». Gli scopi della farmacia clinica, ha proseguito Poluzzi, sono ottenuti per via cognitiva (attraverso l’uso delle conoscenze acquisite), manageriali (per esempio, attraverso lo sviluppo e la diffusione di servizi) e interpersonali (quali le abilità nel counselling). Un esempio pratico dell’utilità di questo approccio interdisciplinare è offerto dalla pubblicazione del “Documento intersocietario sull’implementazione del servizio di medication review e deprescribing nei vari setting assistenziali”, redatto da Sifact insieme a Sifo, Sif, Simg, Sigot, Fadoi, Società italiana di Gerontologia e Geriatria e Accademia di Geriatria. Fondamentale, ha ripreso Poluzzi, è la definizione delle sedi e dei tempi della formazione. «Dopo la laurea, occorre una scuola di specializzazione in farmacia ospedaliera o in farmacologia clinica e altri corsi post-laurea come master (spesso biennali), corsi di perfezionamento o alta formazione (della durata di alcuni mesi), o iniziative come la Summer o Winter school (5-10 giorni)». In tal senso, l’Alma Studiorum Università di Bologna ha istituito un corso di perfezionamento nell’anno accademico 2022-2023 dal titolo “Gestione della terapia farmacologica in team multidisciplinare».
Roberta Di Turi, direttore del dipartimento dei Servizi dell’Asl Roma 3 e segretario generale Fassid Area SiNaFO, ha analizzato l’evoluzione dell’attività e degli standard. «Le attività sanitarie del farmacista Snc sono rivolte all'ospedale e al territorio che, a loro volta, pur avendo esigenze difformi, svolgono attività diverse ma complementari e comunque funzionali al benessere del cittadino come base per garantire l'assistenza sanitaria in tutti i contesti nazionali in termini di efficacia, efficienza e sicurezza». In questo contesto – ha proseguito Di Turi - è evidente che nel calcolo di standard questi elementi hanno un peso rilevante e che soprattutto la mancanza di modelli organizzativi standardizzati rende più complicata la definizione univoca degli stessi che, pur se definiti come valore minimo, debbono necessariamente essere riadattati alla realtà regionale e, alcune volte, nelle stesse regioni in funzione del contesto specifico in cui si opera. «Un primo passo è stato compiuto da SiNaFO in collaborazione con le due società scientifiche Sifo e Sifact nel maggio 2017 con l'elaborazione del “Manuale dei criteri generali per la definizione di standard della dirigenza farmaceutica ospedaliera e territoriale dell’Ssn” dove sono state individuate e mappate per ciascuna area specialistica 16 macroaree di cui 106 linee di attività per l'assistenza ospedaliera e 97 per quella dei servizi territoriali delle Asl». Gli standard, sottolinea Di Turi, occorrono perché «oggi la realtà ci racconta di dotazioni organiche ridotte ai limiti della accettabilità attacchi frequenti alle nostre articolazioni organizzative in favore di altre specialità di dubbia utilità, minacce di esternalizzazione. Le cause evidenti, ma anche quelle più o meno occulte, sono da ricercarsi in una legislazione carente che certifichi le nostre effettive linee di attività e le nostre potenzialità professionali che determinerebbero un’incidenza positiva per il sistema attraverso una più significativa presenza all'interno delle strutture ospedaliere o territoriali». Il manuale – prosegue Di Turi - è stato costruito e organizzato per ambito di riferimento (ospedale/territorio) e per complessità strutturale di base media o alta nonché per singole linee di attività perché possa offrire il necessario supporto ai colleghi nel rappresentare i vertici aziendali le realizzi le reali esigenze di organico definite secondo un metodo trasversale e condiviso che consenta di definire facilmente e omogeneamente sull'intero territorio nazionale la forza lavoro minima da garantire nei servizi farmaceutici senza rischi di sottostima o sovrastima di organico. Il management può così effettuare un’appropriata gestione per obiettivo. «Il direttore della struttura riceve dall'amministrazione i propri obiettivi gestionali e, a sua volta, assegna gli obiettivi al proprio personale» riprende l’esperta. «Vengono quindi indicati i tempi di realizzazione e le risorse a disposizione e, su una corretta assegnazione degli obiettivi e misurazione dei risultati, si basa una politica del personale e dell'attribuzione degli incentivi di produttività equa e soddisfacente». Un cenno, infine, al sistema degli incarichi e sviluppo della carriera professionale secondo il Ccnl. «Tre sono i principi fondanti: autonomia, responsabilità e valorizzazione del merito e delle prestazioni professionali» ricorda Di Turi. «Gli obiettivi sono garantire il corretto svolgimento delle funzioni dirigenziali nel quadro delle leggi del contratto ed essere coerente e funzionale a un'efficace e proficua organizzazione al fine di raggiungere gli obiettivi di salute. Tale sistema dovrà quindi promuovere sia lo sviluppo professionale dei dirigenti sia il riconoscimento delle potenzialità di ciascuno e delle relative attitudini e competenze. I criteri di attribuzione dovranno essere definiti secondo principi di chiarezza, trasparenza e reale valorizzazione del merito».
Arturo Zenorini
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