Medici
25 Gennaio 2023 Le forze politiche di maggioranza hanno riproposto, in sede di conversione del decreto Milleproroghe, sull'aumento a 72 anni dell'età pensionabile dei medici convenzionati e dipendenti, ospedalieri e universitari, già bocciato nella legge di Bilancio 2023
Le forze politiche di maggioranza hanno riproposto, in sede di conversione del decreto Milleproroghe, l'aumento a 72 anni dell'età pensionabile dei medici convenzionati e dipendenti, ospedalieri e universitari, già bocciato nella legge di Bilancio 2023. «Una proposta indecente, un colpo di mano in una sede legislativa inappropriata, un regalo a potenti lobby universitarie, con il pretesto della grave carenza di medici» hanno subito risposto alla proposta Anaao, Cimo, Cgil e le altre sigle degli ospedalieri. In particolare, non piace agli ospedalieri. I medici oggi possono andare in pensione a 70 anni. In realtà, fino a quell'età arrivano soprattutto gli universitari, se si parla di dipendenti del sistema sanitario. Gli ospedalieri si fermano prima, a 67 anni, e difficilmente esercitano l'opzione per restare altri tre anni.
L'intento della norma è quello di mettere una pezza, ovviamente temporanea, ai problemi di organico. La scelta è criticata duramente dai sindacati di chi lavora negli ospedali. Sostengono che si tratti di un favore ai baroni, in particolare universitari, cioè gli unici che hanno interesse a prolungare la permanenza nel sistema pubblico. È una «proposta inaccettabile» anche secondo Annalisa Napoli, Presidente Nazionale Segretariato Italiano Giovani Medici (S.I.G.M.). «Non si possono dare soluzioni semplicistiche e inadeguate alle criticità di un sistema sanitario allo stremo, già gravato, peraltro, da una delle quote più elevate, tra i Paesi Europei, di camici bianchi di età pari o superiore a 55 anni, e da carichi di lavoro poco compatibili con un ulteriore innalzamento dell’età pensionabile. L’Italia conferma di non essere un Paese per giovani, e la sanità non fa eccezione», dichiara Sigm. Secondo i giovani medici, «l’unica strada percorribile per rilanciare e potenziare il nostro servizio sanitario è quella di aumentare le assunzioni favorendo il turnover e l’inserimento dei giovani; di migliorare le condizioni lavorative, soprattutto in Pronto Soccorso, ma non solo; di introdurre adeguati incentivi professionali ed il giusto riconoscimento in termini di tutele e di trattamento economico; di porre in atto una approfondita revisione dei contratti della dirigenza medica rimasti ancorati a modelli ormai anacronistici».
Interviene nel dibattito anche il Presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli, «se l’intento è quello di colmare la carenza di personale, è una misura inefficace. La soluzione vera è quella di rendere attrattivo il sistema. Se invece l’obiettivo – aggiunge - è quello di dare una boccata d’ossigeno al sistema, nell’attesa che, tra tre o quattro anni, arrivino i nuovi specialisti e medici di medicina generale che si sono formati grazie all’aumento delle borse, la misura può avere un senso». Discorso diverso va fatto per i medici convenzionati. Intanto tra questi professionisti l'età media è ancora più alta. Secondo i dati Enpam, il loro ente previdenziale, ben 36.506 su 72.680, cioè la metà, hanno più di 60 anni. Per avere un'idea della situazione, basta aggiungere che i quarantenni sono seimila. In questo caso i rappresentanti sindacali, come la Fimmg, hanno aperto alla possibilità di prolungare i contratti fino a 72 anni. «Sembra paradossale, ma questa possibilità potrebbe essere favorevole per i giovani - ha detto il segretario Silvestro Scotti - Potremo guadagnare 2-3 anni». Questo perché nei prossimi 8 anni i medici di famiglia che andranno in pensione saranno 37mila, a fronte di meno di 18 mila giovani che potrebbero sostituirli.
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