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15 Dicembre 2022

Le potenzialità delle case di comunità nel Libro bianco Onda

La riforma della medicina territoriale è un’opportunità sia per lo sviluppo della medicina di genere sia per la parità tra uomo e donna, come nei diritti dei pazienti e come professionisti. È il messaggio che arriva dall’ottava edizione del Libro bianco sulla salute della donna


Le potenzialità delle case di comunità nel Libro bianco Onda

La riforma della medicina territoriale è un’opportunità sia per lo sviluppo della medicina di genere sia per la parità tra uomo e donna, come pazienti (nei diritti) e come professionisti. È il messaggio che arriva dall’ottava edizione del Libro bianco sulla salute della donna. Realizzato da Fondazione Onda, Osservatorio Nazionale sulla salute della donna e di genere, con il contributo incondizionato di Farmindustria, il volume presentato in Senato fa luce su una realtà innegabile: sono donne il 57% dei medici, il 76% degli infermieri, il 74% dei farmacisti, l’83% degli assistenti sociali, l’80% degli psicologi; e donne sono in maggioranza i malati cronici dopo i 65 anni e 8 caregiver su 10, fondamentali nelle cure di bambini ed anziani. Per loro il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza offre 20 miliardi rivolti a riorganizzare la sanità territoriale e circa altrettanti per il riequilibrio delle diseguaglianze. Il Libro bianco esplora innanzi tutto gli esiti di 3 anni di pandemia in cui le donne sono state più colpite sia nella salute, con un rischio doppio di sviluppare quadri post-Covid, sia sul piano sociale per tre motivi: nuovi carichi di cura (ricordiamo l’interruzione della scuola), aumento della violenza di genere e maggior numero di posti di lavoro persi. Successivamente, spiega Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda, la trattazione dei gruppi di lavoro «si focalizza sui nuovi ruoli delle figure professionali territoriali e sulla necessità di modificare l’organizzazione del Servizio sanitario nazionale, dove sempre di più le donne saranno sia fruitrici dei servizi sia erogatrici di cure, purtroppo, rivestendo ancora pochi ruoli apicali».

Il grande capitolo conclusivo che tratta la medicina del territorio secondo un approccio di genere fotografa le opportunità dischiuse dal modello di Casa della Comunità per le donne in quanto pazienti, professioniste e caregiver nonché la necessità di un contributo di genere nella riforma dell’assistenza territoriale. Sotto il primo profilo Monica Calamai Direttore generale Ausl Ferrara sottolinea come tra le categorie sanitarie si arrivi a punte dell’81-83% di rappresentanza femminile ma nei ruoli apicali si scende (è donna solo il 32% dei direttori di struttura semplice ed il 16% dei direttori di struttura complessa, ad esempio). Ora però sta accadendo qualcosa di nuovo: l’integrazione sociosanitaria rivoluziona le professioni istituendo quella specializzazione “di famiglia e comunità” che investe non solo gli infermieri ma anche gli altri professionisti, ad esempio ostetrici e riabilitatori, per fare da raccordo tra strutture territoriali ed ospedaliere e tessuto sociale. La casa di comunità, da parte sua, offrendo nuovi servizi si avvicinerà a pazienti donne, anziane, sole, oggi svantaggiate perché lontane dalle risposte ai loro bisogni di salute. Infine, offrendo nuovi modelli di assistenza domiciliare, la riforma può rivoluzionare il tempo speso dalle donne come caregiver. Angela Genova, sociologa UniGe, sottolinea come la casa di comunità sia un’opportunità per ridisegnare la sanità italiana, proiettandola dall’era dell’aziendalizzazione degli anni Novanta, rivolta per lo più agli ospedali, ad una nuova era di public governance in cui il luogo fisico della cura è per lo più la domiciliarità. Negli spazi nuovi della Casa di Comunità si disegneranno relazioni tra nuovi professionisti «ma serve –è il messaggio Genova – adeguare la partecipazione femminile al processo di riforma»: quindi, più donne nei ruoli connessi alla costruzione della futura sanità. Tra gli interventi delle senatrici (presenti anche Maria Domenica Castellone, Maria Rizzotti) rimarchevole quello di Sandra Zampa che ha criticato le voci della maggioranza desiderose di un passo indietro sulle case di comunità, «che invece forse a questo punto andrebbero prima fatte e poi eventualmente aggiustate. Io –dice Zampa– penso potrebbero diventare il luogo per la presa in carico sia della medicina di genere sia di un nuovo approccio alla salute mentale». 

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