Medicina
17 Ottobre 2022 Non è del tutto vero che l’ospedale perde medici per un progressivo disimpegno del Servizio sanitario pubblico. Anzi, negli ultimi tre anni, complice la pandemia, ha ricominciato ad assumere a tempo indeterminato, pur mantenendo le altre tipologie di contratto, anch’esse cresciute di numero. Il problema restano gli esodi degli operatori più anziani
Non è del tutto vero che l’ospedale perde medici per un progressivo disimpegno del Servizio sanitario pubblico. Anzi, negli ultimi tre anni, complice la pandemia, ha ricominciato ad assumere a tempo indeterminato, pur mantenendo le altre tipologie di contratto, anch’esse cresciute di numero. Il problema restano gli esodi degli operatori più anziani, tanti e qualche volta anticipati, ma non solo. Per FIASO, la Federazione delle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere Italiane, andrebbero completate rapidamente le stabilizzazioni dei giovani assunti in pandemia. Il focus dell'Ufficio parlamentare di bilancio sull'impatto del Covid-19, esaminando i bilanci di 72 aziende ospedaliere italiane, racconta che nel 2020 sono stati assunti 1377 medici a tempo indeterminato e un migliaio a tempo determinato, oltre a 4 mila infermieri a tempo indeterminato e 1392 a tempo determinato.
Il documento inoltre evidenzia che la pandemia di Covid-19 ha offerto le premesse per invertire una tendenza al calo del personale del Ssn: se tra il 2008 e 2017 si era molto ridotto il numero di dipendenti a tempo indeterminato (-40.000), c’è poi stata una ripresa limitata nel biennio 2018-19. Quindi, nel 2020 i dipendenti a tempo indeterminato nelle aziende ospedaliere sono cresciuti del +5,5%, sono circa 8.000 in più. Nel 2020 è cresciuto del 6% (oltre 4000 unità) il numero di assunzioni di infermieri, a fronte di un incremento di 2.780 unità nei 4 anni tra il 2016 e il 2019. Invece i medici sono cresciuti di 1377 unità (+5,1%) mentre tra il 2016 e il 2019 le assunzioni erano state 2.383. Nel frattempo, sono continuate le assunzioni a tempo determinato, e con altri contratti flessibili, crescendo nel 2020 del 30% (54% al Nord, 34% e 19% al Sud), cioè più di 2.800 unità. Di queste ultime, gli infermieri sono 1.392 (+35%) e i medici 250 circa. Sugli incarichi esterni e le collaborazioni, che pure molto interessano i medici, il focus non offre una ripartizione per categorie, ma nel 2020 si è registrato un aumento di circa 1.800 contratti attivi (+31,7%). Come ammette Giovanni Migliore, Presidente FIASO, i dati dell’Ufficio parlamentare di bilancio hanno un limite: «La scelta di concentrarsi sulle Aziende ospedaliere esclude dal focus le Aziende territoriali, non solo i loro ospedali. Tuttavia, i trend evidenziati sul personale sono sostanzialmente sovrapponibili a quelli riguardanti l’intero Servizio sanitario nazionale riportati dal Conto Annuale e dal Ministero della Salute».
Ma nel 2021-22 come sono andate le cose, tra assunzioni a tempo indeterminato, determinato, stabilizzazioni? Al momento, per Fiaso, osserva Migliore, è tempo di dare sicurezze a chi è entrato nelle corsie degli ospedali pubblici tra il 2020 ed oggi, nonché ai servizi dove i nuovi operatori lavorano. «Ci auguriamo che le Regioni procedano con i piani per le stabilizzazioni del personale assunto a seguito della pandemia. Di questo personale, al luglio 2021, ultima rilevazione disponibile, risultavano a tempo indeterminato 17.151 unità, (1.350 medici, 8.757 infermieri, 7.044 di altri ruoli), poco più del 35% della platea di interessati alla stabilizzazione». Da soli, non sono peraltro numeri in grado di invertire definitivamente i trend nella forza lavoro dell’offerta sanitaria pubblica. «Le carenze di personale evidenziate dalla pandemia (-40mila unità, 5mila dei quali medici e 11mila infermieri), frutto delle misure per la riduzione della spesa pubblica del decennio precedente, sono un dato incontrovertibile. Le assunzioni e i piani di stabilizzazione successivi vanno nella direzione giusta –sottolinea Migliore– ma c’è ancora molta strada da fare».
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