Medicina
12 Ottobre 2022 Una donna della provincia di Roma che soffre da 2 anni di una malattia reumatica, per la diagnosi, la visita dal reumatologo con il Servizio sanitario arriva sette mesi dopo, e non nella Capitale ma in una città laziale a 150 km. Restando con la sanità pubblica, finirebbe il percorso a marzo 2023 e poi forse potrebbe chiedere la cura. Oltre 5 milioni di pazienti reumatologici hanno la stessa sorte
Una donna della provincia di Roma soffre da 2 anni di una malattia reumatica i cui contorni sono da definire. Per la diagnosi, la visita dal reumatologo con il Servizio sanitario arriva sette mesi dopo, e non nella Capitale ma in una città laziale a 150 km. Si rivelano off limit pure gli esami che le vengono prescritti. Restando con la sanità pubblica, finirebbe il percorso a marzo 2023. E poi forse potrebbe chiedere la cura. Non solo lei, ma oltre 5 milioni di pazienti reumatologici italiani continuano a vivere attese interminabili. Nella Giornata Mondiale del Malato Reumatico si appellano al governo che verrà per avere un diritto alla salute “vero”. Innanzi tutto, chiedono di trasformare in misure nazionali e regionali la mozione in 12 punti promossa dall’Associazione Nazionale Malattie Reumatiche ANMAR e dalla Società Italiana Reumatologia, ed approvata all’unanimità in Parlamento lo scorso marzo. La mozione, riepiloga in un incontro pubblico al Ministero della Salute l’onorevole Fabiola Bologna, segretario Commissione Affari sociali uscente alla Camera, istituisce un tavolo al Ministero, e – oltre che sulla formazione dei professionisti e su una maggiore attenzione alla tutela delle esigenze dei lavoratori con malattia reumatica – punta sul coinvolgimento delle associazioni dei pazienti a tavoli regionali. Le cose però vanno a rilento e sono almeno due i nodi da sciogliere: l’assistenza non è capillare e nemmeno la distribuzione dei farmaci. Luca Coletto assessore salute Regione Umbria punta il dito sulla scarsità di medici sia sul territorio sia specialisti, Daniela Marotto del Collegio dei Reumatologi CREI chiede che a livello in pratica di ogni distretto il medico di famiglia possa riferire i pazienti al reumatologo, e Silvia Tonolo presidente ANMAR rimprovera che per molti italiani di fatto l’assistenza di “prossimità” non è possibile. Ad esempio, ci sono 12 centri di riferimento reumatologici in 21 tra regioni e province autonome, specie bambini e ragazzi devono affrontare lunghi viaggi della speranza, «una situazione vergognosa».
Molto importante in prospettiva sulla distribuzione il coinvolgimento dei farmacisti nelle reti assistenziali, ricordato dalla Presidente Federfarma Rovigo Claudia Pietropoli: «Non c’è solo il problema delle attese per una diagnosi, con i farmaci antinfiammatori presi per mesi senza particolari risultati. Molti malati una volta approdati alla terapia smettono di curarsi perché bisogna fare cento chilometri per procurarla; serve recuperare questi farmaci alla distribuzione per conto, la “diretta” è un costo che non ci si può più permettere». «Spesso non ci si rende conto, da manager, che la gioia per un risparmio ottenuto oggi dal Servizio sanitario, con queste malattie domani si trasforma in spese per sostenere un’invalidità irreversibile», dice Mauro Galeazzi reumatologo responsabile scientifico osservatorio CAPIRE e past president SIR. L’attuale presidente SIR Roberto Gerli sottolinea come le cure siano migliorate, «i nostri pazienti prima del Duemila erano trattati in modo parziale, oggi l’impiego di nuovi farmaci, inclusi biologici e biosimilari, trasforma la prognosi. Ma alle cure ci si deve arrivare. Inoltre, per noi clinici è appropriatezza far funzionare reti di prossimità. Al nuovo governo, chiediamo continuità». Ed un primo impegno ad un lavoro di “negoziazione” tra associazioni di malati ed assi governo-regioni arriva da Massimiliano De Toma (Fratelli d’Italia) ed Elisabetta Gardini (FI) oltre che da Coletto.
«Puntiamo molto sul protocollo varato dal Ministero della Salute per i contatti con le associazioni di utenti e malati, oltre che sui tavoli già presenti in Agenzia del Farmaco-Aifa ed Ema nonché in parte delle regioni ma oggi deve passare un messaggio importante», aggiunge Patrizia Comite, Responsabile Affari Legali e Compliance dell’Osservatorio Capire. «Le malattie reumatiche sono 150 e passa, per il paziente sono essenziali sia l’accesso alle cure sia la loro personalizzazione. La qualità della vita, recita la mozione, va tutelata sia in qualsiasi contesto sociale sia in ogni momento della malattia. Ed il giudizio del medico sul singolo caso, specie in mancanza di certezze offerte dalle linee guida, è stato preso ad orientamento dalla Consulta e dai tribunali. È consolidato, in più casi sono giustificabili richieste di rimborso di farmaci prescritti in scienza e coscienza quale miglior terapia». Conferma Roberto Messina (Federanziani): «I dodici punti della mozione sono patrimonio del nostro ordinamento, urge ora attuarli al più presto».
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