Intervista
12 Ottobre 2022 Anche l’industria farmaceutica affronta recessione, inflazione e conseguenze della crisi energetica. I produttori di generici, settore con minori marginalità, lanciano un allarme. I prezzi dei farmaci a brevetto scaduto che i Servizi sanitari nazionali rimborsano a prezzo stabilito e costante nel tempo sono troppo bassi per coprire i costi maggiorati di produzione: l'intervista al vice presidente Egualia
Anche l’industria farmaceutica affronta recessione, inflazione e conseguenze della crisi energetica. I produttori di generici, settore con minori marginalità, lanciano un allarme. I prezzi dei farmaci a brevetto scaduto che i Servizi sanitari nazionali rimborsano a prezzo stabilito e costante nel tempo sono troppo bassi per coprire i costi maggiorati di produzione. In Italia come nel resto d’Europa sono a rischio 2000 farmaci impiegati da milioni persone con costo <5 euro per le sanità. Il messaggio è stato rilanciato da Medicine for Europe, federazione delle associazioni di produttori di famaci off patent di cui fanno parte le aziende italiane produttrici di generici riunite nell’associazione Egualia, in una lettera ai ministri dell’energia dei 27 stati dell’Unione europea alla vigilia del negoziato sulla “pharmaceutical strategy” con l’Unione Europea, in partenza a breve. «Nell’ultimo decennio il nostro settore è stato soggetto a rigorose regolamentazioni dei prezzi, riduzioni selettive e procedure di gara al più basso prezzo», spiega a Sanità33 Fabio Torriglia vice presidente di Egualia che rappresenta i produttori di farmaci generici. «Non pesa solo l’inflazione al 9%; vanno considerati un aumento fino al 150% delle materie prime, un incremento dei costi di trasporto dopo il 2021, picchi negli aumenti fino al 500%». C’è preoccupazione per il razionamento energetico. «Servono temperature costanti per mettere al sicuro le produzioni. Ma, a differenza di altri settori, noi non possiamo intervenire unilateralmente sui prezzi dei nostri prodotti. Abbiamo bisogno che il settore sia considerato dall’Unione Europea». A Bruxelles si chiedono tre cose. Primo, una sorta di “statuto speciale” per i medicinali off patent soggetti a prescrizioni come avvenuto in pandemia, in quanto il loro approvvigionamento fondamentale per malattie croniche. Secondo, si chiede di mitigare l’impatto dell’inflazione sui costi. Infine, interventi per attenuare i costi dei fattori produttivi e per sostenere gli investimenti dell’industria manifatturiera consentirebbero ai produttori di farmaci generici di mantenere intatto l’accesso a farmaci che costituiscono l’80% dei farmaci rimborsati per malattie croniche infettive e non. Si tratta di medicinali che i produttori, obbligati a fornirli ai servizi sanitari, si sono trovati di recente nell’impossibilità di offrire per via di “shortage” nelle materie prime, nelle materie dei confezionamenti (vetro plastica imballaggi) e persino per la mancanza di ricambi alle macchine produttrici. «In alcuni paesi Ue alcuni farmaci sono già ora introvabili. La nostra è un’industria competitiva, abbiamo ridotto i costi a livelli non più comprimibili, stiamo assorbendo in parte gli aumenti ma non potremo farlo a lungo», dice Torriglia. «E’ una situazione da tempesta perfetta e chiediamo alle autorità di venirci incontro». «Come Egualia– continua Torriglia – vorremmo che le nostre marginalità superassero almeno i costi di produzione su prodotti di soglia bassa come quelli rimborsati dai Servizi sanitari entro la fascia 5 euro, così da poter intervenire nelle situazioni produttive dove si rischia che i pazienti non abbiano i farmaci». Il rischio è concreto. Dove vi sono aumenti di costo nelle catene di approvvigionamento, i mercati floridi (come gli Stati Uniti, con il dollaro che si rivaluta sull’euro) alla fine avranno le terapie ed altre nazioni saranno scoperte. «In Germania il tamoxifene, farmaco oncologico presente nei protocolli di terapia, è sparito dal mercato. A lungo andare avremo questa difficoltà pure in Italia. Noi vogliamo tenere i nostri farmaci accessibili con un patto che ci consenta di continuare a produrre disponendo di un minimo marginalità per investire», dice Torriglia. Anche nello specifico italiano ci sarebbero misure da modificare. Ad esempio, «nel ridurre ulteriormente la marginalità delle aziende, pesa la tassa dell’1,83% che versiamo ogni anno in base ad un decreto di oltre 10 anni fa. Con le nostre autorità potremmo fare in modo che i nostri farmaci restino a lungo presenti sul mercato, ma serve dialogo».
Ludovico Baldessin
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