Farmaci
24 Ottobre 2022 Per far crescere la fiducia nei farmaci equivalenti e superare il gap culturale che in Italia ancora esiste rispetto al farmaco brand, è necessario puntare su una comunicazione con il paziente che includa i temi della qualità e della sicurezza in un linguaggio condiviso
Per far crescere la fiducia nei farmaci equivalenti e superare il gap culturale che in Italia ancora esiste rispetto al farmaco brand, è necessario puntare su una comunicazione con il paziente che includa i temi della qualità e della sicurezza in un linguaggio condiviso non solo da tutti farmacisti ma anche dai medici prescrittori. In questa direzione è indirizzato il progetto “Co-creation for generic drugs” lanciato da Fenagifar che ha come obiettivo l’elaborazione di linee guida condivise che emergeranno da tavoli tematici di confronto. Lo ha annunciato la presidente di Fenagifar Carolina Carosio nel corso del convegno “Il valore sociale del farmaco equivalente: l’importanza della comunicazione farmacista-cittadino” che si è svolto nell’ambito di FarmacistaPiù 2022.
“I giovani farmacisti confermano la loro sensibilità verso il dovere di colmare il gap culturale che ancora esiste sul farmaco equivalente – afferma Carosio nel suo intervento. – Per dare forma a questo slancio abbiamo pensato alla possibilità di creare delle linee guida da condividere con tutti i farmacisti e adatte a farmacisti di diverse generazioni. Il punto di partenza è l’osservazione di ciò che accade nelle farmacie quando al paziente viene proposto un farmaco equivalente, impegno a cui il farmacista è tenuto per legge, e raccogliere informazioni sul linguaggio, sui comportamenti. Dall’osservazione alla concretezza si arriva attraverso tavoli di confronto con esperti e l’obiettivo è avere uno strumento pratico adatto a tutti i farmacisti. In un’ottica di ruolo sociale del farmacista, l’intento è di far crescere la fiducia nel farmaco equivalente, una fiducia che passa anche attraverso la fiducia nel farmacista costruita sulla base di un’offerta di servizi e di assistenza che rende sicuro tutto ciò che il farmacista propone, dunque anche l’equivalente”.
“Il farmacista – sottolinea Roberto Tobia segretario nazionale di Federfarma e presidente del PGEU – non può essere lasciato solo in questo impegno, il tempo di interazione con il paziente in farmacia si è ridotto notevolmente ed è quindi importante che tutti gli operatori sanitari parlino la stessa lingua e diano lo stesso messaggio, superando la banalizzazione del farmaco equivalente spesso chiamato in molti modi diversi, a volte anche sminuenti”.
Il progetto Co-creation for generic drug ha completato al prima fase osservazionale con un report qualitativo realizzato da psicologi che hanno affiancato dietro al banco i farmacisti di una dozzina di farmacie distribuite equamente sul territorio tra Nord, Centro e Sud. “Abbiamo osservato come la relazione tra farmacista e paziente basata sull’empatia sia un terreno fertile in cui ci può essere l’apertura ad accogliere la proposta del farmaco equivalente – spiega Francesca Ghezzi Confalonieri psicologa che ha condotto le osservazioni. – Un linguaggio chiaro e univoco, il vantaggio economico e le motivazioni per cui il farmaco ha un costo minore, le spiegazioni sulla sicurezza sono elementi importanti affinché la proposta venga accolta, ma allo stesso tempo, età, reddito, educazione scolastica, tipologia di farmaco e di patologia, acuta o cronica, sono elementi che pesano sulla disponibilità del paziente ad accogliere il farmaco equivalente in alternativa al brand. Certamente emerge l’importanza di rivedere il linguaggio perché per esempio parlare di farmaco originale porta con sé lo stereotipo del farmaco equivalente come non-originario, quindi di qualità diversa, inferiore”.
“È importante considerare che il valore del costo è soggettivo – commenta Erika Mallarini docente della Scuola di Direzione Aziendale dell'Università Bocconi – e dipende da molti fattori, a cominciare dal rischio che il soggetto associa alla patologia che sta curando, da quante volte assume il farmaco, dall’età e dal reddito. Pertanto, resta molto importante che gli elementi tecnici vengano messi in evidenza e trasferiti al paziente. Anche tenendo conto del fatto che le nostre indagini ci dicono che nel tempo il peso della fiducia nell’operatore che propone l’equivalente è diminuita mentre è aumentato il peso della conoscenza e delle informazioni che il paziente possiede. Quindi cambiano le leve con cui far aumentare la fiducia del farmaco equivalente e tra queste anche una maggiore informazione e valorizzazione del “brand” dei farmaci equivalenti”.
“In Italia la penetrazione del farmaco equivalente è migliorata, ma lentamente e c’è ancora molto da fare – afferma Salvatore Butti General Manager di EG Stada group – soprattutto per far comprendere che un costo più basso non significa minor qualità o sicurezza. Il costo minore è dovuto al fatto che l’azienda non ha sostenuto gli elevati costi della ricerca e sviluppo di quel farmaco già sul mercato. L’investimento è stato fatto semmai per migliorarlo, a cominciare dagli eccipienti. Per fare solo un esempio, negli anni si è compreso che alcuni potevano creare problemi ai soggetti intolleranti al lattosio pertanto sono stati sostituiti. Quindi se si vuol parlare di sicurezza, gli equivalenti lo sono ancora di più proprio perché aggiornati alle attuali conoscenze sui farmaci. Queste informazioni tecnico-scientifiche possono essere comunicate al paziente che entra in farmacia, soprattutto nelle regioni del Sud dove la penetrazione dell’equivalente è ferma al 20% contro il 40% delle regioni del Nord. Segno che si tratta di un tema che è ancora oggetto di percorsi di conoscenza e informazione”.
Simona Zazzetta
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