Medicina
22 Dicembre 2023Il 1° Rapporto Censis-Grünenthal «Vivere senza dolore», presentato ieri a Roma da Francesco Maietta del Censis e discusso da Laura Premoli, General manager Grünenthal Italia, alla presenza delle istituzioni
Gli italiani e il dolore cronico, ne soffrono due persone su dieci. È quanto emerge dal 1° Rapporto Censis-Grünenthal «Vivere senza dolore», presentato ieri a Roma da Francesco Maietta del Censis e discusso da Laura Premoli, General manager Grünenthal Italia, alla presenza delle istituzioni. Secondo lo studio, il 19,7 % degli italiani maggiorenni, ben 9,8 milioni, convivono con un dolore cronico di intensità moderata o severa. Questo determina elevati costi sociali per quasi 62 miliardi l’anno, sia in termini di spese sanitarie dirette a carico del SSN, sia in termini di spese indirette e mancata produttività. A soffrire di dolore cronico sono soprattutto le donne, 21%, rispetto al 18% di uomini. Mentre le fasce d’età più colpite sono quelle degli adulti e degli anziani.
Il rapporto del Censis, fa anche una stima del costo annuo per paziente, che si aggira intorno ai 6.304 euro, di cui 1.838 euro di costi diretto e 4.466 euro di costi indiretti. Le spese private afferenti alla gestione e alla cura della patologia pesano «molto» o «abbastanza» sul bilancio familiare per il 66,5% dei malati, per il 28,0% pesano in misura ridotta e solo per il 5,5% non incidono significativamente. Le spese private pesano «molto» o «abbastanza» anche sui budget familiari per una quota del 76,0% per le persone con redditi bassi e del 48,3% per le persone più abbienti.
Ma il dolore cronico non è solo un problema di costi sociali. Incide soprattutto sulla qualità della vita dei pazienti e ne condiziona le loro attività quotidiane. Per il 67,8% dei malati la patologia incide molto o abbastanza negativamente sulla vita quotidiana e sul proprio benessere. La percentuale sale al 92,8% se si parla poi di quanto il dolore condiziona la vita quotidiana dei pazienti, dallo semplice svolgimento delle attività sportive o domestica, all’impatto sulla vita sociale e alla relazione con familiari e amici.
Per il 40% degli intervistati, poi, l’insorgenza della patologia ha avuto conseguenze negative sul proprio lavoro. Nel 35% dei casi i pazienti si sono dovuti mettere in malattia, il 30,8% ha dovuto chiedere permessi per recarsi dal medico e per effettuare terapie, o ridotto il proprio rendimento (25%). C’è poi una quota minore di pazienti, l’11%, che ha dovuto smettere di lavorare, mentre un 3,8% è stato costretto a cambiare lavoro perché l’impiego non era più compatibile con le problematiche legate al dolore.
In generale il 72% dei malati soffre di incomprensione e solitudine e ritiene che il dolore cronico, nella nostra società, sia decisamente sottovalutato. Da qui la richiesta di riconoscere il dolore come una patologia a sé stante (nel 81,7% dei casi), e di instituire, nell’ambito del SSN, uno specialista di riferimento per il dolore cronico di intensità moderata o severa (nell’86,2% dei casi).
Francesca Malandrucco
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