sanità
18 Aprile 2023 Attivare una postazione medicalizzata del 118 presso l’isola di Lampedusa per garantire tempestività ed efficienza negli interventi di emergenza-urgenza a tutela della salute degli abitanti dell’isola e dei migranti. È quanto prevede l’emendamento del Governo
Attivare una postazione medicalizzata del 118 presso l’isola di Lampedusa per garantire tempestività ed efficienza negli interventi di emergenza-urgenza a tutela della salute degli abitanti dell’isola e dei migranti. È quanto prevede l’emendamento del Governo, firmato dal ministro della Salute Orazio Schillaci, al decreto in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare.
“La disponibilità di una postazione fissa del 118 a Lampedusa è una novità assoluta per la nostra Nazione e dimostra ancora una volta la grande attenzione del Governo alla salute della popolazione residente e dei migranti – dichiara il ministro Schillaci – il coinvolgimento dell’INMP, in collaborazione con le istituzioni e la Guardia Costiera, permetterà di garantire sistemi di accoglienza e presa in carico dei soggetti vulnerabili sotto il profilo della povertà sanitaria tali da generare percorsi di gestione virtuosi nelle diverse realtà territoriali”. L’emendamento, infatti, prevede anche la stipula di un protocollo d’intesa dell’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà (INMP), sentito il Ministero della Salute, con il Ministero dell’Interno, la Regione Siciliana, il Comune di Lampedusa e Capitaneria di Porto Guardia Costiera affinché la postazione del 118 sia dotata di adeguate professionalità, della strumentazione tecnica necessaria nonché delle modalità di presa in carico e assistenza della popolazione migrante.
Ma quando uno straniero arriva in Italia, che tipo di protezione internazionale può chiedere? Con il decreto Cutro, il governo ha chiesto delle modifiche per protezione speciale. Secondo la norma attualmente in vigore, la protezione speciale può essere chiesta dai cittadini stranieri direttamente alla Questura e viene rilasciata dal questore nel caso in cui la persona possa essere "oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di identità di genere di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali", ovvero qualora esistano "fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti". Una modifica all'articolo 19 introdotta nel 2020 ha inoltre esteso il divieto di respingimento, espulsione o estradizione anche nell'ipotesi del rischio di violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare e del rischio persecutorio a causa dell'orientamento sessuale e di identità di genere. Il permesso di soggiorno per protezione speciale, dal 2020 convertibile anche in permesso di lavoro, dura due anni e il suo rinnovo è legato ad una rivalutazione della situazione da parte di una commissione territoriale. Le modifiche richieste dal governo nel decreto Cutro - con un subemendamento presentato nelle prossime ore sulla scia del decreto sicurezza del 2018 - prevedono in diversi casi la cancellazione della possibilità di convertire la protezione speciale in permesso di lavoro. Inoltre, si chiede di non considerare più le "gravi calamità" e le "cure mediche" tra i motivi dell'accoglimento della domanda: anche chi soffre di "condizioni psicofisiche o derivanti da gravi patologie" potrà essere espulso, ad eccezione di chi soffre di patologie "non adeguatamente curabili nel Paese di origine". Riguardo alle calamità il permesso, per 6 mesi, non sarà più rinnovabile, ma prolungabile "per un periodo ulteriore di sei mesi".
Oltre alla protezione speciale, uno straniero può richiedere l'asilo politico e la protezione sussidiaria. Nel 2023, su 19mila decisioni adottate finora dalle commissioni territoriali sulle richieste, il 20% è stato di riconoscimento della protezione speciale, il 17% di riconoscimento di asilo o protezione sussidiaria e il 63% è stato di diniego. Nel 2022 invece su circa 59mila decisioni delle commissioni, il 19% è stato di riconoscimento della protezione speciale, a fronte del 25% di riconoscimento della protezione internazionale. Il 56% delle decisioni è stato invece di diniego. L'asilo politico può essere riconosciuto a una persona che ne faccia richiesta in uno stato membro della convenzione di Ginevra del 1951, secondo cui "chiunque, nel giustificato timore d'essere perseguitato” “si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato". Se concesso, l'asilo garantisce al rifugiato un permesso di soggiorno di almeno cinque anni durante i quali è possibile lavorare, accedere ai servizi per il diritto allo studio, alloggio, vitto e servizi sanitari. Diritti simili e con gli stessi tempi sono garantiti a chi usufruisce della protezione sussidiaria, introdotta dall'Unione europea e recepita dall'Italia. Ne può beneficiare chi, pur non potendo essere considerato un rifugiato "correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno" nel caso in cui tornasse nel proprio Paese di origine, dalla condanna a morte fino alla tortura.
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