sanità
21 Ottobre 2022 Senza medico di famiglia, infermiere del territorio e farmacista le case di comunità previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza non decolleranno. Al posto di edifici, serve personale il più vicino possibile al paziente. Il tema emerge dalle analisi dei politici di maggioranza presenti a “Farmacista più”
Senza medico di famiglia, infermiere del territorio e farmacista le case di comunità previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza non decolleranno. Al posto di edifici, serve personale il più vicino possibile al paziente. Il tema emerge dalle analisi dei politici di maggioranza presenti a “Farmacista più”, la tre giorni delle principali associazioni del mondo della farmacia. In attesa di sviluppi, l’incontro su continuità assistenziale e riforma della sanità territoriale, che ha aperto la manifestazione rivela le perplessità degli opinion leader della farmacia sulle “case”: le stesse dei medici di famiglia. Dice Andrea Mandelli presidente della Federazione degli ordini-Fofi: «Il problema non è realizzare le “case” con i soldi europei, ma come tenerle aperte in carenza di personale, e di macchine aggiornate». Il pianeta farmacia sa di aver fatto la differenza durante il Covid-19, con vaccini, tamponi, dispensazioni per conto di antivirale Paxlovid orale. Il Presidente Federfarma Marco Cossolo puntualizza: «Non pretendiamo di far nulla da soli ma con medici di medicina generale ed infermieri di comunità vorremmo articolare un sistema che porti la sanità a cittadino e non il cittadino a cercare la sanità».
E qui i politici ospiti del dibattito, a partire dal deputato Marcello Gemmato (FdI) individuano il problema chiave: le 1350 case di comunità, una ogni 50 mila abitanti, realizzano la prossimità al cittadino perseguita nel PNRR? Ad esempio, nelle valli dove c’è un centro sparso da mille abitanti, come fanno decine di comuni ad afferire a una casa di comunità unica?
«Non sono d’accordo nel destinare i fondi PNRR alla sola costruzione delle case di comunità», dice un altro deputato di maggioranza, Roberto Bagnasco (FI). «Non solo è arduo portarle avanti nei tempi che l’Unione Europea ci chiede ma mancano migliaia di medici e decine di migliaia di operatori socio-sanitari: i primi investimenti dovevano essere sul personale e non ci sono». Gemmato ha già formulato una proposta: «Con gli stanziamenti per CdC e telemedicina potremmo dotare medici di famiglia e altri player della possibilità di avvicinare le loro prestazioni al cittadino. I farmacisti durante il Covid hanno offerto vaccinazioni e tamponi a costi molto inferiori della struttura pubblica. Ma possono rendere ancora più complessi i loro servizi. Ad esempio, i codici bianchi in Pronto soccorso sono fra 80 e 90% degli accessi, le farmacie e la medicina generale potrebbero fare da filtro; lo stesso elettrocardiogramma in farmacia potrebbe essere una risposta alla comunità». Gemmato risponde anche a Carlo Maccari collega di partito che ascrive a un regionalismo esasperato misure come l’affidamento, in Emilia-Romagna, alle poste della distribuzione diretta di farmaci. «Si cerca in tutti i modi un risparmio, e finita la pandemia il budget torna obiettivo primario». Fratelli d’Italia sta preparando un’interrogazione parlamentare sul fatto, «credo che in farmacia si debbano trovare, distribuiti per conto, farmaci importanti che non richiedono dispensazione in ospedale: anche antitumorali ed innovativi. Purtroppo, la caduta del governo non ha consentito di concludere l’indagine incardinata nell’ultima legislatura in cui si evidenziava, anche grazie al supporto di Nello Martini, l’assenza di veri risparmi nei modelli di distribuzione diretta spinti e la presenza invece di disagi per cittadino. La spesa per la farmaceutica convenzionata con il servizio sanitario sul territorio è il 7% del Fondo sanitario, quella diretta di Asl e ospedali è il 7,85; il primo tetto non si raggiunge da anni, il secondo è sforato costantemente; i risparmi del primo tetto colmano in parte gli sforamenti sul secondo. Ma il cittadino deve perdere ore di lavoro per reperire il medicinale nella farmacia ospedaliera, aperta ad orari contingentati».
In precedenza, nella cerimonia inaugurale, Silvio Brusaferro presidente dell'Istituto superiore di sanità, aveva sottolineato il ruolo della farmacia di comunità, «anche nei paesi più sperduti e nelle fasce montane e spopolate. Accanto a medici di famiglia, infermieri di comunità, assistenti sociali e volontari di supporto, la farmacia territoriale ha dimostrato essere perno importante della rete di prossimità. E grazie al PNRR può essere arricchita con tecnologia che consente monitoraggi e gestione dati test diagnostici raccolti alla porta di casa del cittadino». Altro tema, la questione di genere sul territorio, sollevato da Marta Schifone, deputata FdI, che sottolinea come non solo tra i medici stia crescendo il numero di ragazze che esercitano. «La farmacia è donna; siamo il 75% e le titolari sono oltre 55% e le farmaciste sono spesso esempi umani e professionali per le giovani».
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