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25 Luglio 2023

Riforme in sanità. Pnrr sbloccato, fondo edilizia sanitaria e Mes. Ecco la tabella di marcia

Sebbene in ritardo rispetto alla scadenza di giugno, si sblocca per l’Italia l’accesso ai fondi europei della terza rata del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Tra Bruxelles e Roma, a quanto pare, era rimasto un solo nodo, una sola condizione che Roma non aveva realizzato


Riforme in sanità. Pnrr sbloccato, fondo edilizia sanitaria e Mes. Ecco la tabella di marcia

Sebbene in ritardo rispetto alla scadenza di giugno, si sblocca per l’Italia l’accesso ai fondi europei della terza rata del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Tra Bruxelles e Roma, a quanto pare, era rimasto un solo nodo, una sola condizione che Roma non aveva realizzato, pur avendola promessa: 7500 letti in più per gli studentati universitari entro fine 2022. Adesso l’Italia deve avviare entro il 2026 le procedure per realizzare 60 mila posti, se non lo fa è a rischio la quarta rata del Recovery plan da versare a giugno 2023. Intanto però arrivano i 18,5 miliardi pattuiti, i ritardi denunciati – anche per la sanità – sul tabellino di marcia del governo non li fermano, e con la quarta rata si arriverà a 36 miliardi. Senza scossoni apparenti, dunque, il governo procede nell’attuazione del PNRR, rimodulando però qualcosa, come ad esempio le fonti di finanziamento per la riforma dell’assistenza territoriale. Su 1308 case di comunità e 360 ospedali di comunità ancora da realizzare, il governo è adesso orientato a finanziare 309 Case e 81 Ospedali non più con fondi UE ma con una parte dei 15 miliardi a suo tempo stanziati per l’edilizia sanitaria nel ’94. E a trovare 4 miliardi per finanziare sia i contratti del personale esistente – incluse le convenzioni dei medici di famiglia, dei pediatri e degli specialisti ambulatoriali – sia quelli per chi verrà nelle nuove strutture territoriali. Nel caso non bastassero i 200 miliardi di fondi europei del Recovery Plan, di cui 20 destinati alla sanità, e a supporto una quota-sanità del fondo complementare “nostrano” da 31 miliardi più i circa 7 miliardi rimasti per l’edilizia sanitaria, resta sullo sfondo l’ipotesi di ricorrere ai prestiti del Mes.

Il Meccanismo europeo di stabilità, vero e proprio organismo finanziario di Bruxelles, conta su 700 miliardi devoluti dagli stati membri per il solo potenziamento dei servizi sanitari nazionali. Ma attenzione: se il recovery fund europeo è fatto di finanziamenti quasi per metà a fondo perduto e il resto a tassi d’interesse inferiori a quelli che lo stato paga per Bot e Btp, il MES –che ci darebbe altri 35 miliardi da spendere tutti sulla sanità – è fatto di prestiti condizionati. L’Italia li avrebbe a tassi “bassini”, non lontani da quelli dei buoni poliennali, e dovrebbe restituirli in 10 anni. In cambio si dovrebbe impegnare a riforme di consolidamento fiscale, vigilanza bancaria, ed ulteriori riforme strutturali che prevedono minore spesa pubblica. Di fatto, l’unica forza politica che fin qui abbia sostenuto il MES gagliardamente è stata Azione-Italia Viva i cui senatori a gennaio hanno chiesto al governo in un ordine del giorno di convenire che si tratta dell’unica strada per evitare il definanziamento del Fondo sanitario nazionale alle soglie così basse previste dai documenti programmatici (il 6,1% nel ‘25) da poter distruggere almeno sulla carta la sanità pubblica. Secondo la coalizione guidata da Matteo Renzi e Carlo Calenda, oggi un po’ in freddo tra loro, i 35 miliardi, avrebbero potuto sbloccarci la spesa per il personale SSN, consentirci il recupero dei pazienti in lista d’attesa dopo il Covid, l’edificazione di case ed ospedali di comunità, e forse il risanamento di qualche gap nell’offerta sanitaria tra aree del paese. Il governo Meloni fin qui ha detto no, e il suo stop tiene bloccato il trattato che da il via al MES. Il blocco è concesso all’Italia al pari che a Francia e Germania; tuttavia, questi ultimi due paesi al MES aderiscono senza timori in quanto, avendo i conti più in linea con i parametri europei, le loro linee di credito non sono condizionate all’attuazione di riforme.

TAG: PNRR, SANITà GOVERNO

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